Lui è tornato, regia di David Wnendt con Oliver Masucci, Fabian Busch, Christoph Maria Herbst, Katja Riemann, Franziska Wulf – Germania 2015.

 

Berlino, 23 ottobre 2014. In un preciso luogo della città (quale sia verrà esplicitato nel corso del film) Adolf Hitler ritorna in vita. La sua presenza viene casualmente registrata da un reporter di una televisione il quale, dopo aver subito il licenziamento, se ne accorge e decide di andarlo a cercare per utilizzarlo come attrazione che gli consenta di farsi riassumere. L’imitazione (così crede lui e credono anche alla tv) è perfetta e il Führer inizia a fare audience e ad attrarre consensi.
Alle origini di questo film decisamente interessante c’è un libro di Timur Vermes che è stato tradotto in diciassette lingue (tra cui l’italiano). È necessario, per chi non lo avesse letto, sgombrare subito il campo dal dubbio che ci si trovi dinanzi all’ennesima opera cinematografica in cui si utilizza un sosia di Hitler per fare della comicità più o meno a buon mercato. In questo caso non è così. Pur conservando un elevato tasso di ironia il film di David Wnendt ha lo scopo di sollevare una questione di rilevante importanza in questi nostri tempi. Lo fa utilizzando una tecnica mista che prevede inserti di candid camera all’interno di una storia di finzione.
Il quesito che domina l’intero film (che sui titoli di coda trova la sua esplicitazione più diretta e inquietante) è: come gli attuali mezzi di comunicazione veicolerebbero un messaggio come quello nazista e quanto, in realtà, non lo stanno già facendo? Un noto giornalista italiano, in seguito a una sua intervista televisiva che ha provocato vivaci reazioni, ha aperto un articolo a propria difesa chiedendosi se di fronte a un Hitler ritornato dall’inferno, ci sarebbe stato qualche collega pronto a rinunciare ad intervistarlo. Wnendt va oltre e si chiede quanti ancora oggi sarebbero disposti a farsi sedurre dalla sua ideologia. Il gioco si poggia sulla base della finzione (in più di un’occasione viene chiesto a quello che si suppone sia un attore se non si stanca mai di aderire al ruolo prendendosi una tregua) ma ciò che innalza costantemente il livello di lettura sono le reazioni (reali o previste dalla sceneggiatura).
Oggi come allora Hitler non nasconde mai i propri obiettivi e le modalità con cui vuole raggiungerli. Alcuni vi aderiscono, pochi si oppongono e la massa li legge come elementi di uno show mediatico di successo non rendendosi conto che, come un veleno a lento rilascio di tossine, ne vengono progressivamente intossicati. In una breve scena, che costituisce il fulcro del film, ci viene ricordato che solo la memoria può costituire un valido antidoto. Una memoria che tanti stanno facendo di tutto perché si trasformi in oblio.

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