Oskar Schindler, nacque a Svitavy (Zwittau), in Moravia, che allora era una provincia dell’Impero Austro-Ungarico, ma con una popolazione di prevalente origine e lingua tedesche. Cattolico e legato con un rapporto di stretta amicizia con una famiglia di vicini di casa ebrei, studia con scarso profitto in un istituto tecnico, da dove viene espulso nel 1924 per aver falsificato la pagella. Termina a fatica gli studi professionali a Brno e, dopo aver fatto il servizio militare nell’esercito cecoslovacco, si impiega alla Jarslav Simek Bank di Praga ma presto si dedica ad attività di piccolo commercio: ha la passione per le motociclette, si fa conoscere per i frequenti arresti a causa dell’ubriachezza e per essere un donnaiolo impenitente. La moglie, Emilie Pelzl (1907-2001), sposata nel 1928, così ha ricordato: “Malgrado i suoi difetti, Oskar aveva un cuore grande ed era sempre pronto ad aiutare chiunque avesse bisogno. Era affabile, gentile, estremamente generoso e caritatevole, ma allo stesso tempo per nulla maturo. Mi mentiva e mi ingannava continuamente, e poi si mostrava dispiaciuto, come un ragazzino colto in una marachella, chiedendo di essere perdonato ancora una volta. E poi ricominciavamo da capo…”.
Nel 1936, Schindler inizia a lavorare per i Servizi Segreti Militari tedeschi (Abwehr) con il compito di spiare le ferrovie e delle industrie cecoslovacche. Scoperto, il 18 luglio dello stesso anno venne arrestato dal governo ceco e rischia la condanna a morte, ma viene invece rilasciato pochi mesi dopo, quando il trattato di Monaco sancisce l’annessione di parte della Cecoslovacchia alla Germania nazista. Schindler, ambizioso opportunista e amante della vita raffinata, nel febbraio del 1939 si iscrive al Partito Nazista. Fa rapidamente carriera: da mediocre venditore diventa imprenditore di successo e accumula ricchezza, oltre a intessere relazioni con i vertici politici, economici e militari tedeschi. Dopo l’invasione della Polonia si trasferisce a Cracovia. Sfruttando a proprio vantaggio il programma tedesco di “arianizzazione” delle imprese commerciali polacche, nel novembre del 1939 acquista a Cracovia una fabbrica di oggetti smaltati, “Emalia”, situata in via Lipowa 4, nel distretto industriale di Zabłocie (oggi trasformata in museo), appartenuta a un imprenditore ebreo. Il 18 novembre incontra per la prima volta Itzhak Stern (1901-1969), del quale diventerà amico e che sarà l’organizzatore materiale della “lista di Schindler”, che salvò centinaia di ebrei. Stern è un importante leader della comunità ebraica polacca, vice presidente dell’Agenzia ebraica per la Polonia occidentale e membro del Comitato Centrale sionista, che è costretto a lavorare come contabile in una fabbrica gestita da Josef “Sepp” Aue, collega di Schindler nel servizio segreto militare tedesco.
A differenza della maggioranza degli ufficiali e soldati tedeschi, egli tratta gli ebrei con umanità. Col tempo, mentre le leggi razziali inaspriscono le discriminazioni contro di loro, in lui aumenta la distanza dai metodi persecutori nazisti e matura l’idea di agire per salvare quanti più ebrei possibile. Pur dirigendo due altre fabbriche, Schindler utilizzò solo per “Emalia” lavoratori forzati ebrei provenienti dal Ghetto di Cracovia. Ma, nel marzo 1943, il Ghetto fu completamente liquidato e gli ebrei che gli occupanti nazisti ritenevano “utili” (che potevano essere utilizzati come schiavi per il lavoro nelle fabbriche destinate a sostenere lo sforzo bellico) furono inviati al campo di lavoro di Płaszów, un sobborgo di Cracovia. Schindler permise ai suoi operai di restare all’interno della fabbrica durante la notte, fornendo loro un riparo relativamente sicuro. Al massimo della sua operatività “Emalia” arrivò ad impiegare 1.700 lavoratori, di cui almeno 1.000 erano ebrei costretti ai lavori forzati e molti dei quali furono successivamente trasferiti nel campo di concentramento di Płaszów. Pur lavorando a “Emalia”, i prigionieri erano però pur sempre soggetti alle brutali condizioni del campo e Schindler intervenne più volte in loro difesa, utilizzando sia le sue abilità diplomatiche che più diretti strumenti di corruzione. A Płaszów, Stern, con suo fratello Natan, Mietek Pemper e Joseph Bau, furono costretti a lavorare negli uffici amministrativi, dove entrarono frequentemente in contatto con il famigerato comandante del campo, Amon Göth. Stern e Pemper si prodigarono per evitare la chiusura, e la conseguente liquidazione, del campo. Pur conoscendo le terribili condizioni di lavoro e di vita degli internati ebrei, sapevano che la liquidazione del campo avrebbe significato l’invio dei prigionieri ad Auschwitz-Birkenau e in altri campi di sterminio. Schindler li aiuta sfruttando la propria rete di conoscenze e il denaro di cui dispone per corrompere il comandante Göth e le guardie, distribuendo loro diamanti e impedendo l’accesso al campo a guardie SS non autorizzate. Di fatto permette agli ebrei di vivere al sicuro in delle baracche all’aperto. Inoltre favorisce il trasferimento di lavoratori alla sua fabbrica, garantendo la distribuzione di aiuti in denaro e cercando di informare il mondo esterno della loro situazione. Per sostenere il riconoscimento che quei lavoratori sono essenziali allo sforzo bellico tedesco, Schindler crea all’interno di “Emalia” un settore per la produzione di armi. Oltre ai circa 1.000 ebrei registrati come suoi operai, Schindler permette anche ad altri 450, che lavoravano in fabbriche vicine, di vivere nella sua fabbrica. La protezione offerta da Schindler a quegli operai, insieme ad alcune delle sue attività commerciali, inducono le autorità tedesche a sospettarlo di corruzione e di dare aiuto non autorizzato agli ebrei. Le SS e la polizia lo arrestano tre volte, ma non sono mai in grado di provare le accuse.
Nell’ottobre del 1944, con l’avanzare dell’esercito sovietico, Schindler ottiene l’autorizzazione di spostare gli impianti più a ovest, a Brünnlitz (l’odierna Brnenec), in Moravia. In questa occasione Schindler fa redigere a macchina a Stern diverse versioni di una lista di circa 1.117 ebrei da indicare come fondamentali per la nuova fabbrica. È questo l’ elenco che sarebbe poi diventato famoso come “La lista di Schindler”. Tuttavia, alcuni dei suoi operai finiscono nelle mani delle SS. L’imprenditore trova l’ennesimo escamotage per salvarli dal campo di sterminio di Mauthausen: corrompe una delle guardie per aprire il vagone in cui sono costretti a ogni fermata e 300 prigionieri trovano così la salvezza. Successivamente, corrompendo gli ufficiali nazisti dei campi, riesce a ottenere il trasferimento di circa 800 uomini dal campo di concentramento di Gross-Rosen e di circa 300 donne da Auschwitz-Birkenau.
L’impianto di Brünnlitz, nonostante sia classificato come fabbrica d’armi, durante gli otto mesi di attività produce soltanto semplici munizioni. Schindler riesce a giustificare l’esistenza della fabbrica con le autorità tedesche presentando falsi rapporti sulla produzione. A Brünnlitz Stern lavora direttamente con Schindler e diviene uno dei leader degli operai ebrei. Col profilarsi la sconfitta della Germania nazista Schindler rischia sicuramente arrestato a causa della sua appartenenza al Partito Nazionalsocialista e alla sua organizzazione di spionaggio. Allora Stern e gli altri leader ebrei scrivono una lettera (che testimonia il suo fondamentale ruolo nel salvataggio di un grande numero di ebrei) e la consegnano a Schindler prima che egli fugga oltre le linee americane.
Finita la guerra, Schindler deve fuggire dalla Germania dove, già nel 1946, contro di lui è stato avviato un processo. Nel 1949, con la moglie, trova rifugio, come molti ex nazisti, in Argentina. Là tenta, senza successo, qualche attività imprenditoriale. Ritorna in miseria in Germania nel 1958 dove non rischia più l’arresto. Anzi, nel 1965, le autorità tedesche gli riconosceranno di aver salvato centinaia di vite, conferendogli l’onorificenza della Croce al Merito di I Classe della Repubblica Federale Tedesca. Nel frattempo è accaduto che, nel 1962, il giudice israeliano Moshe Bejski, l’uomo che ha creato il Giardino dei Giusti dello Yad Vashem (l’Ente Nazionale Israeliano per la Memoria sull’Olocausto), convinto dell’importanza di mostrare gratitudine e riconoscimento per l’azione di chi aveva rischiato tutto per salvare la vita di molti ebrei, lui compreso, lo strappa dalla bancarotta e lo invita in Israele. Il 18 luglio 1967, Yad Vashem riconosce Oskar Schindler come “Giusto tra le Nazioni” per la sua opera di salvataggio degli Ebrei durante la guerra. Decisione confermata il 24 giugno 1993. Nel maggio del 1994 il riconoscimento viene esteso anche alla sua ormai ex moglie Emilie.
Oskar Schindler non è stato né un eroe, né tantomeno un santo, ma un uomo che a un certo momento ha saputo dare ascolto alla propria coscienza e umanità, rischiando molto per salvare centinaia di ebrei altrimenti destinati allo sterminio. Durante le riprese di un documentario della tv tedesca, gli viene chiesto perché avesse più volte messo a repentaglio la propria vita per i “suoi” operai. Lui risponde: “Es gab keine andere Moeglichkeit” (Non c’era altra possibilità).
Il 9 ottobre del 1974, Schindler muore in Germania, povero e quasi del tutto dimenticato. Rispettando le sue volontà, la salma viene traslata nel piccolo cimitero francescano cattolico, che si trova vicino al sito della Dormizione di Maria, sul monte Sion, nella parte vecchia di Gerusalemme, città dove ha trascorso lunghi periodi mantenuto da coloro che aveva salvato.
L’intera vicenda è stata divulgata al grande pubblico grazie allo scrittore australiano Thomas Keneally che aveva incontrato il negoziante Leopold Pfefferberg (detto Poldek), un sopravvissuto allo sterminio grazie a Schindler. Keneally fu colpito dalla storia e, stabiliti vari contatti con gli altri Schindlerjuden (gli “ebrei di Schindler”), nel 1982 scrisse il romanzo La lista di Schindler da cui, successivamente, fu tratto il celebre film Schindler’s List (La lista di Schindler, 1993) diretto da Steven Spielberg.
dal sito Gariwo