“Rodi: Terra Italiana”, “Rodi estremo lembo della patria”; Rodi, “è l’Italia che ritorna in Oriente […] l’Italia oggi ricomincia a Rodi”. Mario Lago, governatore di Rodi dal 1923 al 1936, era profondamente convinto di queste parole. Rodi, secondo Lago, era l’inizio della “riconquista” italiana del Mediterraneo e del Levante – una riconquista che, a suo avviso, passava anche attraverso l’ebraismo italiano. Anche per questo Lago fu tra i più convinti promotori e sostenitori della creazione di quel Collegio rabbinico di Rodi che, inaugurato nel 1928, ospitò alcune tra le figure più illustri dell’ebraismo italiano dell’epoca, da Riccardo Pacifici (che diresse il Collegio dal 1932 fino alla chiusura nel 1938) a David Prato – assertore anch’esso fra gli altri, della “grandezza” italiana (ed ebraica) nel Mediterraneo. Quando nel 1929 il re Vittorio Emauele III si recò in visita a Rodi, a proposito del Collegio rabbinico disse: “sono lieto di vedere quest’importante centro di cultura ebraica in terra italiana”. Date queste premesse, non è difficile capire l’affetto e la fedeltà che gli ebrei di Rodi dimostrarono verso l’Italia sin dai primi anni dell’occupazione, nel 1912. Fino al 1938. Poi con l’applicazione delle leggi antiebraiche, a Rodi come nel resto del Regno d’Italia, l’incantesimo si ruppe improvvisamente. E il 5 settembre 1938, il primo provvedimento legislativo del governo italiano a Rodi, fu proprio quello di chiudere il Collegio rabbinico. La Comunità ebraica di Rodi aveva una tradizione secolare che cominciava dal XV sec., dall’epoca della diaspora dei sefarditi nei territori dell’Impero ottomano – lungo i Balcani e nel Mediterraneo. L’arrivo degli italiani, dopo secoli di dominio turco, rappresentò per gli ebrei una cesura della loro lunga storia a Rodi: significava il passaggio finalmente ad una nuova era, ad una nuova e moderna civiltà. La stessa illusione che vissero gli ebrei di Libia nel 1911, quando dopo la sconfitta dei turchi, festeggiarono l’arrivo degli italiani. Rodi, come il resto delle isole del Dodecaneso, fu presa dall’esercito italiano nel 1912, ultimo fuoco della guerra italo-turca del 1911. Nel 1923, in seguito al trattato di Losanna – coda degli accordi di pace della Prima guerra mondiale – Rodi passò formalmente sotto le insegne del Regno d’Italia che voleva farne una sorta di avamposto per la riconquista italiana del Mediterraneo. In questo ambizioso progetto, gli ebrei e l’ebraismo italiano ricoprivano un ruolo strategico: come nell’età moderna i mercanti ebrei che partivano dai porti italiani alla volta dei grandi centri commerciali del Mediterraneo e del Levante erano stati grandi esportatori di italianità, così in piena età fascista, i rabbini usciti dal Collegio rabbinico italiano di Rodi, avrebbero di nuovo reso grande e diffusa nel Mediterraneo, la lingua e la cultura italiane. Nel 1938, al momento dell’introduzione delle leggi antiebraiche, a Rodi vivevano più di duemila ebrei su una popolazione complessiva di quasi 50.000 persone, Nel luglio del 1944, dopo che da un anno l’amministrazione dell’isola era passata nelle mani dei tedeschi, l’intera popolazione ebraica di Rodi venne arrestata e deportata ad Auschwitz”.