Rosanna Turcovich e Rosanna Poletti, Tutto ciò che vidi. Parla Maria Pasquinelli. 1943 – 1945 fosse comuni, foibe, mare, Oltre Edizioni

 

È il titolo del libro fresco di stampa, uscito per i tipi della Oltre Edizioni, curato da Rosanna Turcinovich e Rossana Poletti, due giornaliste che non hanno bisogno di presentazione, tanto nota è la loro attività sulle “nostre” testate, in particolare la prima, con un curriculum anche di altri libri riguardanti la nostra storia e, più in generale, il nostro mondo. Rossana Poletti, seppur professionista di lungo corso, invece l’abbiamo conosciuta, almeno chi scrive, più recentemente, all’ultimo raduno dei fiumani, del 2019, sul lago di Garda, dove, sia al Vittoriale degli Italiani che a Padenghe, ha organizzato, nella sua veste di Direttore organizzativo dell’Associazione Internazionale dell’Operetta Friuli Venezia Giulia, due straordinari mini concerti con arie di operetta che hanno estasiato gli astanti. Bene. Ma resta la domanda: chi è questa Maria Pasquinelli che ci vuole parlare e dire la sua su argomenti anch’essi in calce sulla copertina: 1943-1945 fosse comuni, foibe, mare? Per chi non lo sapesse diciamo subito che è la donna che il 10 febbraio del 1947 a Pola, per protestare contro i paesi vincitori che avevano firmato a Parigi il Trattato di Pace che consegnava l’Istria, Fiume e la Dalmazia alla Jugoslavia di Tito, uccise il generale Robert De Winton, comandante della guarnigione militare della città fino a quel momento sotto controllo degli angloamericani. Lo fece, naturalmente, non perché ce l’avesse con il generale in persona, ma per ciò che egli rappresentava in quel contesto: il rappresentante dei firmatari che consegnavano a una nazione straniera una terra che aveva visto la popolazione italiana, come scrive Ezio Giuricin nella introduzione del libro “protagonista di una presenza bimillenaria”. Giuricin inquadra poi tutto ciò che andremo a leggere, e sono tutte pagine di grande interesse, quasi 400, che si leggono davvero d’un fiato, spiegando: “Maria non ha voluto colpire un uomo, ma un simbolo. E’ stata mossa non dalla volontà di compiere un crimine, ma dal desiderio di esprimere, con il suo gesto, un atto di protesta contro un’ingiustizia inferta al suo popolo. E’ stata guidata da un sentimento profondo, comune, universalmente condiviso: l’amore per la sua Patria”. Come giudicare il suo gesto? Fece bene, fece male, era un’esaltata? Si può spiegare tutto con l’amore per la propria Patria? Questo può  sembrare un sentimento antico, risorgimentale, ai nostri tempi, ma l’amore per la propria Patria è uno di quei valori che, al contrario dei vari nazionalismi, non si nutre dell’odio per l’altro, bensì del rispetto per gli altri popoli e paesi in un rapporto di reciprocità grazie al quale si pretende, altrettanto, il rispetto per il proprio paese. E’ un concetto che, all’epoca della Pasquinelli, il fascismo – di cui i detrattori la giudicano fanatica in ragione della sua partecipazione alla scuola di Mistica fascista – sicuramente ha molto inquinato manipolando lo stesso Risorgimento che, con Garibaldi e Mazzini, si apriva sì alla costituzione dell’unità della patria Italia, ma in una chiave ideale che si rifaceva ai valori dell’internazionalismo, del rispetto tra le nazioni e dei popoli. La domanda è: la Pasquinelli si rifaceva più a questo concetto in chiave risorgimentale o piuttosto a quello nazionalista, appreso dal fascismo? O tutto si riduceva al gesto di una folle, di un’esaltata? A dare una risposta a queste domande giunge, appunto, il libro di Rosanna Turcinovich e Rossana Poletti che analizza meticolosamente le tante carte che la Pasquinelli ha lasciato nel corso della sua lunga vita (nata nel 1913 a Firenze morirà cento anni dopo a Bergamo),, carte tutte, fino alla loro apertura, secretate e custodite in una banca di Trieste, dopo essere state affidate a Monsignor Santin, vescovo di Trieste, nei primi anni cinquanta, e con le quali ogni storico, studioso di quel complesso periodo dovrà necessariamente fare i conti. Quanto all’amor patrio della donna, al di là della natura dello stesso, è lì a testimoniarlo la sua continua volontà di immolazione all’Italia. Già nel 1941 non esitò ad arruolarsi nella Croce Rossa per portare conforto nostri soldati in Africa, e poi, con l’insegnamento in istituti della Dalmazia con atteggiamenti che tutte le deposizioni dei testimoni interrogati nel corso del processo confermano essere stati quelli di una donna molto retta, di grande bontà, disinteressata. Quanto alla sua educazione fascista, indubitabile, va sottolineato il suo superamento ideologico al punto di rivolgersi a esponenti del CLN del Friuli, convinta ormai del fatto che i partigiani, quelli della Osoppo evidentemente, avessero maggiori possibilità di salvare le sorti della Venezia Giulia. Esistono a riguardo varie testimonianze che nel libro il lettore vedrà contenute nella parte in cui a parlare sono i testi chiamati a deporre al processo contro la Pasquinelli su tutto il periodo di guerra antecedente l’attentato a De Winton. Da questi testimoni, tra cui il fratello di Scipio Slataper, Guido, dell’Associazione Volontari Giuliani, e Raffaele Valente, membro del CLN di Gorizia o Guido Bracchi del CLN di Udine e altri appare chiaro che alla Pasquinelli solo quello era il suo interesse, o, se vogliamo, più precisamente la sua ossessione, senza nessun tipo si contaminazione fascista come pregiudizialmente si è portati a credere. Anzi. A riguardo, Raffaele Valente, interrogato a riguardo al processo della Pasquinelli, alla domanda della Difesa se la donna le era sembrata “animata da qualche idea di fazione, di parte” aveva risposto: “Non le avrei manco parlato. Non le avrei rivolto nemmeno la parola se avessi capito che fosse una faziosa, specie fascista”. E’ bene però dire che, al di là della sorte della Pasquinelli, le carte che ella conservava e la capacità delle curatrici di accompagnarle inserendole con grande lucidità e ampiezza nel contesto dell’epoca, rendono questo libro particolarmente prezioso, sicuramente illuminante anche sul piano storico in modo da rendere chiaro e incontrovertibile la grande differenza, ad esempio, tra la Resistenza italiana al nazifascismo, che vedeva la partecipazione paritaria di tutte le forze politiche nel CLN, e la Lotta Popolare jugoslava, dominata esclusivamente dal Partito Comunista Jugoslavo, che puntava più sull’occupazione e annessione dell’intera Venezia Giulia (fino all’Isonzo) piuttosto che alla sola liberazione, pronti a far fuori chiunque non condividesse l’obiettivo. Come ricorda in proposito Ezio Giuricin, declinando poi i singoli, ma tanti tragici episodi, “sono numerosissimi gli esempi concernenti l’eliminazione, anche fisica, dei dirigenti italiani della Resistenza e del movimento di liberazione nell’Isontino, a Trieste e in Istria” da parte dei partigiani titini. E anche di questo, ma non solo “Parla Maria Pasquinelli”. Molti infoibati da parte dei titini, al netto delle vendette personali e di guerra vera e propria, sono state vittime di questo disegno, anche se antifascisti. Leggendo il libro ce ne renderemo conto, contenendo esso in appendice l’elenco dettagliato degli italiani istriani trucidati dai titini in Istria nei mesi di settembre e ottobre del 1943. Un documento che parla da solo.
Da Arcipelago Adriatico https://www.arcipelagoadriatico.it/parla-maria-pasquinelli/

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