Sergio Tazzer, Tito e i rimasti. La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, Libreria Editrice Goriziana 2008
L’Italia è uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale; a pagarne i conti sono soprattutto i suoi territori orientali: la Venezia Giulia, l’Istria, il Quarnero e la provincia dalmata di Zara. In un crescendo di violenze, delle quali le foibe sono la più sanguinosa e drammatica testimonianza, fra i 300 e i 350 mila italiani scelgono la via dell’esodo.
A rimanere sono quelli che non hanno né la forza né la possibilità di fuggire, oltre ai fedeli al nuovo potere, sostenuti da un piccolo controesodo favorito dal partito comunista italiano. Ovunque, sull’altra sponda adriatica, dove italiano equivale a fascista, la comunità nazionale italiana è diventata minoranza. Tito appoggia la nascita di organismi che risultano la cinghia di trasmissione dell’ideologia comunista fra i rimasti, i quali devono sopportare angherie e persecuzioni, che si inaspriscono quando i rapporti fra Tito e l’Italia si avvicinano ai livelli di guardia.
In questa vicenda, un capitolo a parte è la persecuzione, soprattutto dei protagonisti del controesodo, rimasti fedeli all’ortodossia comunista, dopo lo strappo del 1948 fra Stalin e Tito.
Per i rimasti, anche l’uso della lingua madre è un problema, spesso limitato all’interno delle famiglie. Il gruppo nazionale, decapitato dall’esodo, è stato privato della parte più attiva ed evoluta della popolazione. Di ciò risente anche la scuola. Con gli anni, grazie alla tenacia di pochi, i rimasti riprendono fiato, intorno ad una Unione degli Italiani dell’Istria e di Fiume che lentamente si evolve, sino a trasformarsi in Unione degli Italiani, mentre si annuncia il tramonto della Jugoslavia Federativa. Sono gli anni del dopo Osimo, di Antonio Borme e del “Gruppo 88”, un gruppo di intellettuali raccolti intorno al capodistriano Franco Juri.
Anche grazie agli aiuti che giungono dall’Italia, nasce il Centro ricerche storiche di Rovigno, più volte nel mirino dei nazionalisti pancroati e delle stesse autorità comuniste. Espressione della comunità nazionale italiana, esso è il punto di riferimento dei rimasti e oggetto di confronto con il mondo degli esuli. Diretto da Giovanni Radossi, il Centro rovignese, sin dalla sua fondazione, si è messo non soltanto in contrapposizione all’interpretazione faziosa e distorta della storia più recente – e non solo dell’Istria, del Quarnero e della Dalmazia -, ma costituisce anche un riferimento nella tutela dell’identità nazionale italiana degli autoctoni sulla sponda orientale adriatica.
Il libro, opera di un attento conoscitore della realtà europea centro-orientale, racconta sessanta anni di alti e bassi, grazie alle testimonianze dei protagonisti e le interpretazioni di storici e di studiosi, offrendo spunti di riflessione dopo decenni di silenzi su un periodo della storia ancora poco conosciuto.
Sergio Tazzer è di Treviso, dove è nato nel 1946. Laureato in Scienze della comunicazione, ha frequentato l’Istituto di giornalismo dell’Università di Varsavia. Giornalista professionista, è stato direttore della Sede RAI per il Veneto, capo della redazione trentina della RAI e responsabile della redazione centrale della TGR a Roma. Dal 1995 ha realizzato e condotto il settimanale radiofonico mitteleuropeo Est Ovest, in onda su Radio Uno RAI.