Nelida Milani, Una valigia di cartone, Sellerio 1991
Con semplicità sincera – con l’intima assenza di retorica e di tesi, che nasce dal trattare delle «poche cose di una vita», la cui grandezza risalta però definitiva nel contrasto con quei grandi effetti della storia che le piccole cose disordinano, scompigliano, disperdono – questi due racconti attingono al tema dell’identità difficile di chi è minoranza nazionale e culturale. L’autrice, Nelida Milani Kruljac, è un’istriana di Iugoslavia che nel suo paese ha percorso al contrario il cammino dell’integrazione: dalla comunità culturale croata, in cui s’era inserita, indietro alle montagne e ai paesini dove vivevano i suoi antenati di lingua italiana, a sostare di fronte a memorie altrimenti inesorabilmente mute. E due memorie sono questi due racconti: di una contadina istriana degli inizi del secolo che inizia a vagare bambina tra le guerre, il fascismo, la resistenza, l’esodo; di una maestra istriana dei giorni nostri che si disperde in più moderne e vaghe diaspore. La prima dichiarandosi troppo ignorante per capire, la seconda che forse crede di comprendere: ma in entrambe quell’angosciante confusione per la quale il nostro secolo non sembra aver trovato e trovare medicina.
Nelida Milani Kruljac nata in Istria, vive a Pola ora Croazia. Ha frequentato scuole croate e l’università a Zagabria. Insegna letteratura italiana nell’Università di Pola e si occupa di glottologia e di antichi dialetti. I suoi racconti italiani sono comparsi in antologie pubblicate in Iugoslavia