Evgenija Semënovna Ginzburg, Viaggio nella vertigine, Arnaldo Mondadori Editore

 

Nel suo romanzo autobiografico e memoriale – Krutoj maršrut ­­– Evgenija Ginzburg (1904 – 1977) scrisse che la sua prima vita finì nel 1937, anno in cui fu vittima delle purghe staliniane e venne arrestata con l’accusa di attività terroristica e partecipazione ad organizzazioni antisovietiche e controrivoluzionarie, secondo i commi 8 e 11 del tristemente noto articolo 58 del Codice penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR). All’epoca dell’arresto Evgenija Semënovna, che aveva insegnato storia del Partito Comunista Bolscevico all’Università di Kazan’ (1933-35), lavorava nella redazione del giornale regionale «Krasnaja Tatarija» (Tataria rossa) di cui curava la pagina culturale. Nel racconto del difficile cammino che da quel giorno la condusse in diverse prigioni e lager sovietici (Lefortovo, Butyrka, penitenziario di Jaroslavl’, Vladivostokskij lager’, Ėl’genskij lager’, Magadanskij lager’, Severnyj lager’, Taskanskij lager’) – definito il “vagabondare di una morta nell’inferno” – l’autrice segna la data della sua fine alle ore due del 15 febbraio 1937, ma l’inizio della tragedia sua e di molti altri intellettuali o cittadini leali verso il potere sovietico risale al 1934, l’anno in cui fu assassinato Sergej Kirov e si inasprì la persecuzione dei cosiddetti “nemici del popolo”. Fu proprio l’assassinio di Kirov a dare inizio alle nuove ondate di repressione culminate nelle grandi purghe (1936-38), che non risparmiarono neppure membri di spicco e dirigenti del PCUS, tra i primi obiettivi delle varie ondate di čistki (epurazioni): Evgenija Ginzburg e suo marito Pavel Vasil’evič Aksënov ­– presidente del Soviet cittadino dei deputati operai di Kazan’ ­– furono tra questi. Quando entrambi vennero arrestati, a qualche mese di distanza l’uno dall’altro, avevano due figli, Aleksej e Vasilij, quest’ultimo divenuto poi uno scrittore di fama internazionale, autore, tra gli altri, del romanzo Il biglietto stellato (Zvëzdnyj bilet, 1961) e curatore ­– assieme ad A. Bitov, V. Erofeev, F. Iskander ed E. Popov – del celebre almanacco letterario «MetrOpol’» che uscì in Samizdat nel 1979.
Krutoj maršrut è un viaggio nell’inferno del sistema carcerario sovietico di cui sono descritte la brutalità, il metodico annientamento della volontà, della dignità e dell’identità psicologica dei prigionieri e la dura lotta per la sopravvivenza, tanto fisica quanto morale e psicologica. Nella sua esperienza da reclusa la Ginzburg attraversa tutte le fasi del tortuoso cammino verso l’insperata libertà che otterrà definitivamente nel 1955: l’espulsione dal partito, l’arresto, gli interrogatori, le torture, la cella di isolamento, il processo sommario, la condanna a dieci anni di lavori forzati. Scarcerata una prima volta nel 1947 e poi arrestata nuovamente nel 1949, durante l’ondata repressiva del secondo dopoguerra, nel 1950 venne condannata al confino dapprima nella regione di Krasnojarsk e poi alla Kolymà. Riabilitata nel 1955, soltanto nel 1966 poté fare ritorno a Mosca, sua città natale. Nel racconto si intrecciano le voci, quasi tutte femminili, delle compagne di detenzione che contribuiscono ad arricchire la narrazione trasformandola nel resoconto di un’atroce esperienza collettiva. In tal modo l’opera trascende la dimensione individuale tipica della memorialistica per farsi testimonianza corale di un vasto universo concentrazionario, contribuendo a delineare nuove terribili rotte sulla mappa di quell’arcipelago Gulag illustrato da Solženicyn.
La prima parte dell’opera fu redatta a partire dal 1959, sebbene la Ginzburg abbia più volte dichiarato che la sua composizione mentale ebbe inizio all’indomani della carcerazione: l’autrice riuscì a fissare nella sua memoria un gran numero di versi con lo scopo di preservare il ricordo dettagliato della propria esperienza carceraria e di quella delle sue compagne di cella e di baracca, poiché serbare la memoria di tutto ciò che accadeva attorno per poterlo poi raccontare divenne il solo scopo che impegnò l’autrice nei 18 lunghi anni della sua pena. In tal modo, i versi divennero il canovaccio a cui l’autrice attinse in fase di scrittura. Questo metodo, molto in uso tra i detenuti che non potevano fissare sulla carta le proprie memorie, fu impiegato tra gli altri anche da Ol’ga Adamova-Sliozberg per la stesura di Put’ (Il cammino) e dallo stesso Solženicyn. La scrittura della prima parte dell’opera fu terminata nel 1962, quando Evgenija Semënovna tentò di far pubblicare l’opera su diverse riviste sovietiche ­– tra cui le liberali «Junost’» e «Novyj Mir», tra le più sensibili alla nuova letteratura del cosiddetto primo disgelo (1956-62) – persuasa dall’idea che, dopo l’uscita di Una giornata di Ivan Denisovič (Odin den’ Ivana Denisoviča) di Solženicyn sul «Novyj Mir» diretto da A. Tvardovskij (1962), i tempi fossero maturi per dare alle stampe anche la propria opera. Ma il disgelo chruščëviano fu in realtà un periodo controverso, caratterizzato da una liberalizzazione parziale e strumentale nel campo delle arti, che si tradusse in fasi alterne di aperture e nuove chiusure. Pertanto, le speranze della Ginzburg furono deluse e Krutoj maršrut, dopo esser stato rifiutato dalle riviste ufficiali, prese a circolare clandestinamente nell’underground sovietico, grazie ai canali del Tamizdat. E fu proprio in questa forma non ufficiale che il manoscritto giunse in Italia tramite la mediazione di Alberto Sandretti che, essendo all’epoca studente presso l’Università Statale di Mosca (MGU), riuscì a procurarsene una copia e a inviarla a Vittorio Sereni, direttore letterario della casa editrice Arnoldo Mondadori di Milano. La traduzione italiana ­– ad opera dello stesso Sandretti e di un suo collega dell’MGU di Mosca, Dino Bernardini, che si firmarono con lo pseudonimo collettivo di Aldino Betti ­– fu pertanto realizzata su una copia non autoriale dell’opera e uscì per la casa editrice milanese all’insaputa della stessa Ginzburg. L’inaspettata uscita di Krutoj maršrut per la casa editrice milanese colse di sorpresa la stessa autrice che, tempo dopo, lamentò di aver perso ogni controllo sulla propria opera, la quale oramai viveva una vita propria non soltanto nell’underground sovietico, ma anche nell’editoria ufficiale all’estero dove sempre più spesso venivano date alle stampe le opere sovietiche fuoriuscite clandestinamente dall’URSS (Samizdat). L’autrice si rammaricava non soltanto per non aver potuto correggere le bozze e partecipare alla pubblicazione del volume, ma si preoccupava anche per la sua sorte poiché, proprio un anno prima (1966), A. Sinjavskij e Ju. Daniel’ erano stati condannati ai lavori forzati per aver pubblicato all’estero le proprie opere. Pertanto, la Ginzburg, temendo una nuova condanna, si premurò di sconfessare l’edizione mondadoriana rilasciando un’intervista a «l’Unità» (1 giu. 1967).
Il volume edito da Mondadori ­– costituito dalla prima parte e da alcuni frammenti della seconda ­­­– fu pubblicato anche in lingua russa dalla stessa casa editrice in una redazione poco accurata che risentì non soltanto della mancata collaborazione dell’autrice, ma anche di molte inesattezze, refusi ed errori tipografici. La recensione di Nikolaj Belov alla versione russa di Mondadori – uscita sulla rivista dell’emigrazione «Russkaja mysl’» (13 luglio 1967) ­– fu una stroncatura nella quale il critico si esprimeva invece a favore della più accurata pubblicazione di alcuni frammenti uscita lo stesso anno sulla rivista dell’emigrazione russa «Grani» (N. 64-68). Il 1967 fu l’anno in cui anche la rivista dell’emigrazione «Posev» pubblicò alcuni frammenti sempre in russo (17 feb.­-10 mar.). Lo stesso anno uscì pure la traduzione in inglese per casa editrice Harcourt di New York, mentre l’anno successivo una versione in russo uscì in volume per la casa editrice Possev-Verlag di Francoforte. Nel 1979 anche la seconda parte di Krutoj maršrut, dopo esser stata rifiutata dalla casa editrice statale sovietica Gosizdat, fu pubblicata sia in traduzione italiana (ad opera di Giovanni Buttafava e a cura di Sergio Rapetti) che in russo da Mondadori, ma questa volta con il consenso dell’autrice che, in quell’occasione, ebbe persino modo di rivedere la bozza apportando alcune correzioni. La prima pubblicazione sovietica dell’opera risale agli anni della perestrojka di Gorbačëv, quando tra il 1988 e il 1989 apparve in versione integrale sulla rivista «Daugava» (N. 7-12, 1988; N. 1-6, 1989) e un frammento venne pubblicato sulla rivista «Junost’» (N. 9, 1988). In URSS, la prima edizione integrale dell’opera pubblicata in volume uscì in tre tomi nel 1989 per la casa editrice Kursiv di Saratov con una tiratura di 50.000 copie. Nello stesso anno il teatro Sovremennik (Il contemporaneo) di Mosca mise in scena lo spettacolo Krutoj maršrut per la regia di Galina Volček, un successo decennale che ancora oggi fa parte della programmazione stagionale del teatro. In epoca sovietica uscirono altre due edizioni russe dell’opera, una nel 1990 e l’altra nel 1991, pubblicate rispettivamente dalle case editrici moscovite Sovetskij pisatel’ e Kniga, entrambe con una tiratura di 100.000 esemplari.

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